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VI
A GIULIANO DE' MEDICI IN PRAGA
(Firenze, I° gennaio 1611)
Ill.mo et Rever.mo Sig.re mio Col.mo
È tempo che io deciferi a V. S. Ill.ma e R.ma, e per
lei al S. Keplero, le lettere trasposte, le quali alcune
settimane sono gli inviai: è tempo, dico, già che sono
interissimamente chiaro della verità del fatto, sì che
non ci resta un minimo scrupolo o dubbio.
Sapranno dunque come, circa 3 mesi fa, vedendosi
Venere vespertina, la cominciai ad osservare
diligentemente con l'occhiale, per veder col senso stesso
quello di che non dubitava l'intelletto. La veddi dunque,
sul principio, di figura rotonda, pulita e terminata, ma
molto piccola: di tal figura si mantenne sino che cominciò
ad avvicinarsi alla sua massima digressione, tutta via
andò crescendo in mole. Cominciò poi a mancare dalla
rotondità nella sua parte orientale e aversa al sole, e
in pochi giorni si ridusse ad essere un mezo cerchio
perfettissimo; e tale si mantenne, senza punto alterarsi,
sin che cominciò a ritirarsi verso il sole,
allontanandosi dalla tangente. Ora va calando dal mezo
cerchio e si mostra cornicolata, e anderà
assottigliandosi sino all'occultazione, riducendosi
allora con corna sottilissime; quindi passando ad
apparizione mattutina, la vedremo pur falcata e
sottilissima, e con le corna averse al sole; anderà poi
crescendo sino alla massima digressione, dove sarà
semicircolare, e tale, senza alterarsi, si manterrà
molti giorni; e poi dal mezo cerchio passerà presto al
tutto tondo, e così rotonda si conserverà poi per molti
mesi. Ma è il suo diametro adesso circa cinque volte
maggiore di quello che si mostrava nella sua prima
apparizione vespertina: dalla quale mirabile esperienza
aviamo sensata e certa dimostrazione di due gran
questioni, state sin qui dubbie tra' maggiori ingegni del
mondo. L'una è, che i pianeti tutti sono di lor natura
tenebrosi (accadendo anco a Mercurio l'istesso che a
Venere): l'altra, che Venere necessariissimamente si
volge intorno al sole, come anco Mercurio e tutti li
altri pianeti, cosa ben creduta da i Pittagorici,
Copernico, Keplero e me, ma non sensatamente provata,
come ora in Venere e in Mercurio. Averanno sunque il
Signor Keplero e gli altri Copernicani da gloriarsi di
avere creduto e filosofato bene, se bene ci è toccato, e
ci è per toccare ancora, ad esser reputati
dall'universalità de i filosofi «in libris» per poco
intendenti e poco meno che stolti. Le parole dunque che
mandai trasposte, e che dicevano «Haec immatura a me iam
frustra leguntur o y», ordinate «Cynthiae figuras
aemulatur mater amorum» ciò è che Venere imita le
figure della luna.
Osservai 3 notti sono l'eclisse, nella quale non vi è
cosa notabile: solo si vede il taglio dell'ombra
indistinto, confuso e come annebiato, e questo per
derivare essa ombra da la terra, lontanissimamente da
essa Luna.
Voleva scrivere altri particolari; ma sendo stato
trattenuto molto da alcuni gentiluomini, e essendo l'ora
tardissima, son forzato a finire. Favoriscami salutare in
mio nome i signori Keplero, Asdalee Segheti; e a V. S.
Ill.ma con ogni reverenza bacio le mani, e dal S. Dio gli
prego felicità.
Di Firenze, il primo di Gennaio, anno 1611
Di V. S. Ill.ma et. Rev.ma Servitore Devotissimo
Galileo Galilei

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