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IV
A BENEDETTO CASTELLI IN BRESCIA
(Firenze, 30 dicembre 1610)
Al molto R.do P. e mio Sig.re Col.mo
Il P. D. Benedetto Castelli, Monaco Casinense.
Brescia, S. Faustino.
Molto R.do P.re,
Alla gratissima di V. S. molto R. delli 5 di Xmbre darò
breve risposta, ritrovandomi ancora aggravato da una mia
indisposizione, la quale per molti giorni m'ha tenuto al
letto.
Ho con grandissimo gusto sentito il suo pensiero di
venir a stanziare in Firenze, il quale mi rinova la
speranza di poterla ancora godere e servire qualche tempo:
mantengasi in questo proposito, e sia certa che mi averà
sempre prontissimo ad ogni suo comodo, benché la felicità
del suo ingegno non la fa bisognosa dell'opera mia né di
altri. Quanto alle sue dimande, posso in parte
satisfarla; il che fo volentierissimo.
Sappia dunque che io, circa tre mesi fa, cominciai a
osservar Venere con lo strumento, e la vidi di figura
rotonda, e assai piccola; andò di giorno in giorno
crescendo in mole, e mantenendo pur la medesima rotondità,
sin che finalmente, venendo in assai gran lontananza dal
sole, cominciò a sciemar dalla rotondità dalla parte
orientale, e in pochi giorni si ridusse al mezo cerchio.
In tale figura si è mantenuta molti giorni, ma però
crescendo tuttavia in mole: ora comincia a farsi falcata,
e sin che si vederà vespertina, anderà assotigliando le
sue cornicelle, sin che svanirà: ma ritornando poi
matutina, sio vedrà con le corna sottilissime e pure
averse al sole, e anderà crescendo verso il mezo cerchio
sino alla sua massima digressione. Manterassi poi
semicircolare per alquanti giorni, diminuendo però in
mole; e poi dal mezo cerchio passerà al tutto tondo in
pochi giorni, e quindi per molti mesi si vedrà, e
Lucifero e Vesperugo, tutta tonda, ma piccoletta di mole.
Le evidentissime conseguenze che di qui si traggono, sono
a V.R.a notissime.
Quanto a Marte, non ardirei di affermare niente di
certo; ma osservandolo da quattro mesi in qua, parmi che
in questi ultimi giorni, sendo in mole a pena il terzo di
quello che era il Settembre passato, si mostri da oriente
alquanto scemo, se già l'affetto non m'inganna, il che
non credo. Pure meglio si vedrà al principio di Febraio
venturo, intorno al suo quadrato; se bene, per l'apparire
egli così piccolo, difficilmente si distingue la sua
figura, se sia perfetta rotonda o se manchi alcuna cosa.
Ma Venere la veggo così spedita e terminata quanto
l'istessa luna, mostrandomela l'occhiale di diametro
uguale al semidiametro di essa luna veduta con l'occhio
naturale.
O quante e quali conseguenze ho io dedutte, D.
Benedetto mio, da queste e da altre mie osservazioni! «Sed
quid inde?» Mi ha quasi V. R.a fatto ridere, col dire
che con queste apparenti osservazioni si potranno
convincere gl'ostinati. Adunque non sapete, che a
convincere i capaci di ragione, e desiderosi di saper il
vero, erano a bastanza le altre demostrazioni, per
l'addietro addotte, ma che a convincere gl'ostinati, e
non curanti altro che un vano applauso dello stupidissimo
e stolidissimo volgo, non basterebbe il testimonio delle
medesime stelle, che sciese in terra parlassero di sé
stesse? Procuriamo pure di sapere qualche cosa per noi,
quietandosi in questa sola sodisazione; ma dell'avanzarsi
dell'opinione popolare, o del guadagnarsi l'assenso dei
filosofi «in libris», lasciamone il desiderio e la
speranza.
Che dirà V. R.a. di Saturno, che non è una stella
sola, ma tre congionte insieme e immobili tra di loro,
poste in linea parallela all'equinoziale, così o O o? La
media è maggiore delle laterali tre o quattro volte;
tale io l'ho osservato da Luglio in qua, ma ora in mole
sono diminuite assai.
Orsù, venga a Firenze, che ci goderemo e averemo
mille cose nove e ammirande da discorrere. E io in tanto,
restandogli servitore, gli bacio le mani e gli prego da
Dio felicità. Renda i saluti duplicati al P.D. Serafino
e alli Sig.ri Lana e Albano.
Di Firenze, li 30 di Xmbre 1610.
Di V. S. molto R. Ser.re Aff.mo
Galileo Galilei

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