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Un fatto che e' stato trascurato un po' da tutti i filosofi della scienza, compresi Popper e Quine, e' che le teorie scientifiche si alimentano spesso da se'. Sono poche le teorie scientifiche che muoiono del tutto, soprattutto dopo l'invenzione dei mezzi di comunicazione e ancor piu' dopo il dilagare delle universita' e delle mansioni scientifiche. La ragione e' molto semplice: ogni teoria scientifica si propaga attraverso una rete capillare di interessi, che vanno dalla tesi di laurea al lavoro di laboratorio. Tanto lo studente quanto il ricercatore vengono indottrinati dallo scienziato da cui dipendono, e infatti molti continuano in seguito ad occuparsi delle stesse cose. Il successo di ciascuno di loro dipendera' in misura notevole dal fatto che la popolazione di ricercatori all'interno della propria area continui a crescere, come in una sorta di catena di Sant'Antonio. Quanti piu' si occupano di quella materia, tanto piu' scalpore destera' ogni scoperta relativa a quella materia. Gli scienziati finiscono per credere in cio' che fanno, difendendolo a spada tratta contro teorie rivali, poiche' da cio' che fanno dipende la loro gloria, nonche' la loro sussistenza. Una volta entrati a far parte dell'entourage di una teoria scientifica, diventa troppo difficile cambiare bandiera. Questa e' la ragione per cui, per esempio, la scuola dell'apprendimento automatico continuera' ad esistere anche se le reti neurali l'hanno forse resa obsoleta: e tutti coloro che hanno dedicato la vita a quegli studi, e i loro studenti che hanno sputato sangue sulle loro tesi? Una teoria scientifica non muore quasi mai: si adatta, muta leggermente corso per andare incontro alle nuove istanze, sperando che pochi ritocchi cosmetici la possano rendere di nuovo attuale. E' questo processo di revisione, piuttosto che di estinzione, a far si' che le teorie scientifiche finiscano per auto-alimentarsi. In fondo, e' una forma di istinto di sopravvivenza.