|
||||||
DOCUMENTS
elab.immagini
galileo
realtà virtuale
vrml
biomeccanica
esapodi
formula1
intelligenza
Papers
meccanica
sistemi
robotica
Naturalmente il paradosso insito in questo programma e' che la scienza moderna ha avuto origine dalla scoperta che il mondo del buon senso non e' il mondo reale: non e' il Sole a girare attorno alla Terra, come il buon senso ci farebbe credere, ma viceversa. I monumenti scientifici della nostra era, la Relativita' Generale e la Meccanica Quantistica, sono entrambi due monumenti di violazioni del senso comune.
Il paradosso e' soltanto apparente: una cosa e' impiegare il buon senso per capire com'e' fatto il mondo reale, un'altra cosa e' utilizzare il buon senso per agire nel mondo reale. Non e' detto, cioe', che l'azione discenda direttamente dalla rappresentazione del mondo reale. Una qualsiasi rappresentazione, per esempio, non fa altro che trasformare il mondo reale in una forma che sia piu' facile da manipolare. Ancora oggi le mappe geografiche sono bidimensionali benche' sia chiaro a tutti che la Terra e' rotonda e qualunque rappresentazione bidimensionale e' pertanto imprecisa: cio' non toglie che una cartina stradale offra il grande vantaggio di poter essere tenuta in mano mentre si cerca una via guidando nel traffico caotico di Los Angeles, mentre un mappamondo non sarebbe altrettanto pratico.
In generale e' plausibile che un agente razionale debba rappresentare internamente non tutto il mondo ne' il mondo cosi' com'e' secondo la Fisica, ma soltanto un sotto-insieme del mondo e nel modo che gli e' piu' comodo per farne l'uso che deve farne. D'altronde anche lo scienziato piu' geniale evita accuratamente le formule chilometriche della Relativita' Generale e si accontenta della Fisica naif del buon senso quando deve acciuffare al volo un prezioso vaso di porcellana che sta precipitando al suolo. In certe situazioni cio' che conta e' il fine, non il mezzo.
Questa nascente "scienza del buon senso" deve descrivere e prescrivere come compiere inferenze su tutto cio' di cui il buon senso fa cosi' buon uso: informazioni approssimate nonche' incomplete, fatti che possono non essere veri o possono evolvere nel tempo, le analogie e le generalizzazioni.
Ma, se il senso comune ha come obiettivo primario quello di guidare l'agente cognitivo nel compiere azioni razionali all'interno del suo mondo, conviene forse impostare questa scienza del buon senso dal punto di vista proprio dell'azione.
Un altro problema connesso con il cambiamento e' quello temporale: il cambiamento, il passaggio da una situazione a un'altra, avviene gradualmente, anzi in maniera proprio continua. Se e' intuitivo che sia possibile rappresentare l'inizio e la fine di un'azione, non e' altrettanto intuitivo come si possa conservare traccia di tutte le infinite micro-transizioni che sono avvenute fra quell'inizio e quella fine. Si puo' sostenere che un tale livello di dettaglio non serve, anzi potrebbe persino essere dannoso; e forse e' vero; ma cio' non toglie che, se servisse, non sapremmo come fare. Il tempo e' in effetti ancora un limite della nostra civilta'. Sappiamo come immortalare due situazioni: basta prendere una fotografia di ciascuna; ma non abbiamo ancora inventato uno strumento per immortalare la sequenza continua di situazioni che si succedono fra quelle due (il film non vale, perche' i suoi fotogrammi sono sempre delle fotografie scattate a intervalli discreti di tempo). I Matematici possono aver risolto i paradossi di Zenone, ma gli ingegneri ancora non hanno scoperto come applicare quei risultati teorici alla realta' pratica.
Per rappresentare il cambiamento McCarthy introdusse un "calcolo delle situazioni", nel quale ogni situazione puo' essere espressa tramite una formula della logica dei predicati del primo ordine. Le relazioni causali fra due situazioni sono calcolabili allora con il calcolo dei predicati. Nel calcolo delle situazioni la storia del mondo e' una successione parzialmente ordinata di stati e azioni: la proprieta' degli stati e' la permanenza, la proprieta' delle azione e' il cambiamento; uno stato e' vero in certe situazioni e falso in altre, un'azione puo' essere compiuta in certe situazioni e non in altre; gli stati sono espressi tramite espressioni logiche che mettono in relazione alcuni oggetti in quello stato, mentre un'azione viene espressa da una funzione che ad ogni stato fa corrispondere un altro stato.
Non e' possibile neppure rappresentare tutto cio' che cambia per effetto di un'azione. L'universo puo' infatti essere rappresentato a diversi livelli di dettaglio, ed esiste sempre un dettaglio sufficientemente piccolo per cui anche l'azione apparentemente piu' semplice ha un numero infinito di conseguenze. Quando Dario regala un'auto a Cinzia, infiniti particolari dell'auto cambiano la loro posizione nello spazio, infiniti dettagli cambiano nella vita del concessionario e in quella di Cinzia, e cosi' via. Questo paradosso, complementare a quello del frame, e' detto di "ramificazione".
Infine il paradosso di "qualificazione" mette persino in dubbio che un sistema di convinzioni possa rappresentare le stesse condizioni che permettono l'esecuzione di un'azione: esiste sempre un numero infinito di condizioni che renderebbero impossibile l'azione, e pertanto le condizioni che consentono quell'azione devono comprendere anche l'insieme infinito delle negazioni di quelle altre. Dario puo' regalare l'auto a Cinzia se: ha i soldi, il concessionario e' aperto, Dario non si rompe una gamba mentre si reca dal concessionario, un ladro non gli ruba i soldi, un terremoto non distrugge la citta', uno sceicco non acquista prima di lui tutte le auto del mondo, e cosi' via.
Sono innumerevoli i casi in cui impieghiamo informazioni riguardo la persistenza degli oggetti e delle situazioni. Per esempio, per aprire una porta, si puo' girare la maniglia o sfondarla con una spallata; generalmente si preferisce il primo metodo poiche', una volta sfondata, una porta non e' piu' una porta. Per esempio, se devo indicare la mia casa a un amico che deve venire a trovarmi, gli do' come riferimento una descrizione della casa dei vicini, ma non una descrizione dell'auto dei vicini, ben sapendo che la prima non si spostera' nei prossimi minuti, mentre la seconda potrebbe. Se Dario ha dimenticato (come al solito) il portafoglio nell'auto e Cinzia ha preso l'auto per andare a prendere Chiara dall'asilo, e' chiaro che il portafoglio si e' spostato con l'auto; per non parlare del fatto che, se poi il portafoglio e' scomparso, Chiara sara' la principale indiziata. Queste azioni sono naturali poiche' e' naturale stabilire cosa cambia e cosa no per effetto delle azioni. Ma un computer che tentasse di simulare gli stessi comportamenti dovrebbe possedere una quantita' infinita di informazioni.
La stragrande maggioranza della conoscenza che impieghiamo quotidianamente e' banale; ma e' essenziale per compiere i nostri atti quotidiani. Ci capita raramente di dover dimostrare un teorema di alta Matematica, o di dover costruire un razzo interplanetario o di dover eseguire la moltiplicazione di due numeri di venti cifre ciascuno; ma, per assurdo, quelle sono le cose per cui e' chiara la conoscenza necessaria. Ci capita molto piu' spesso di dover ricordare dove abbiamo messo le chiavi di casa, o di dover preparare un'insalata o di dover correre a un appuntamento nel traffico intenso dell'ora di punta; e per questi casi non e' affatto chiaro quale e quanta conoscenza sia necessario possedere. E' infinito l'elenco di fattori che intervengono a decidere quale rotta seguire nel traffico: dal livello della benzina all'usura della frizione, dalle proprie convinzioni sulle probabilita' di un ingorgo in un luogo piuttosto che in un altro alle proprie convinzioni sulle probabilita' che il vigile di turno si impietosisca e ci lasci passare dal centro storico.
Fodor riconduce la problematica dei contorni a un fenomeno piu' ampio: la fissazione razionale ("rational fixation") delle convinzioni si attua attraverso un processo che e' non-dimostrativo. Vi intervengono inferenze di tipo non deduttivo (ovvero diverse da quelle utilizzate nella Logica Matematica) come l'analogia e l'induzione; che sono poi le stesse su cui e' costruita gran parte della Scienza. La mente costruisce convinzioni in continuazione, ma quasi mai attraverso un'inferenza deduttiva (Sherlock Holmes a parte), e quasi sempre ragionando su informazioni che sono per lo piu' imprecise e insufficienti.
Mentre nella deduzione e' sufficiente avere a disposizione un numero finito di informazioni, quelle che servono a dimostrare vero o falso il teorema, nelle altre forme di inferenza, per esempio nell'induzione, non c'e' limite al numero di informazioni necessarie per dimostrare qualcosa. Un esempio di inferenza deduttiva e' quando Vincenzo vuole sapere se Cinzia e' sposata; gli basta apprendere che Dario e' suo marito, per dedurne che Cinzia e' sposata. Ma quando Vincenzo vuole sapere a che ora verranno a trovarlo Dario e Cinzia, nessuna informazione e' sufficiente: anche se gli amici fossero arrivati puntualissimi nelle cento volte precedenti, Vincenzo non avrebbe ancora la certezza che arriveranno puntuali anche questa volta. Un'inferenza deduttiva non puo' mai essere falsificata da una nuova informazione, una induttiva puo' sempre essere falsificata da nuova informazione.
Il frame problem segnala un problema di fondo della teoria rappresentazionale: e' impossibile stabilire una corrispondenza fra la percezione e la rappresentazione interna.
Si possono adottare almeno due scorciatoie per evitare i problemi relativi ai contorni. Il primo e' quello di rappresentare soltanto l'"ambiente" in cui il sistema cognitivo deve operare. Per quanto anche l'ambiente, come qualsiasi sottoinsieme dell'universo, possa essere sempre ridotto a un numero potenzialmente infinito di oggetti, e' relativamente piu' semplice decidere quali siano "rilevanti" ai fini della sopravvivenza del sistema. DeMey, per esempio, sostiene che ogni sistema di elaborazione dell'informazione deve possedere un modello interno dell'ambiente in cui opera. In altre parole, un modo per risolvere i paradossi di McCarthy e' quello di postulare in un mondo "chiuso", ovvero un mondo che ammette un numero noto e limitato di oggetti e azioni. Tanto i moduli di Fodor quanto i modelli mentali di Johnson-Laird "chiudono", a modo loro, il mondo, in maniera tale da evitare il problema.
Resta pero' da stabilire in che modo si dovrebbe "chiudere" il mondo, ovvero in che modo lo "chiuda" la nostra mente. In altre parole, cosa e' necessario che sia effettivamente rappresentato nella mente? La teoria rappresentazionale va complementata con una teoria dei contorni per stabilire la "rilevanza" di cio' che puo' essere rappresentato, in maniera tale che alla fine vengano rappresentati unicamente quei fattori realmente importanti per le future inferenze e venga scartato tutto cio' che e' di scarsa importanza oppure che puo' essere derivato dai precedenti. Tutte le teorie dei contorni finora proposte (tutte caratterizzate da una chiusura del mondo a livello sintattico, ovvero da una regola per "minimizzare" il cambiamento) non sembrano pero' in grado di risolvere il frame problem.
Un'altra soluzione al frame problem e' ovviamente quella di abbandonare l'ipotesi che la mente sia un sistema rappresentazionale, o quantomeno che una tale rappresentazione debba per forza essere un linguaggio. In altre parole il secondo modo di evitare i paradossi di McCarthy e' di non rappresentare per nulla l'ambiente, come fa Brooks.
Il frame problem puo' essere risolto introducendo qualche forma di non-monotonia. L'ereditarieta' puo' dar luogo a non-monotonia. I "default" di Minsky originano non-monotonia. In tutti questi casi abbiamo bisogno di affermare qualcosa in mancanza di tutta l'informazione necessaria per affermarlo e pertanto vogliamo avere la possibilita' di precisare che "e' cosi' a meno che...". Ci riserviamo cioe' il diritto di ritrattarlo quando e come ci pare. La nonmonotonia esprime il fatto che "normalmente e' cosi'". Normalmente la nonmonotonia si ottiene tramite qualche variazione del "postulato del mondo chiuso" di Reiter ("cio' che non e' vero e' falso").
La proprieta' delle logiche non-monotone e' che consentono di ritrattare le conclusioni a cui sono pervenute: in una logica non-monotona la verita' di un teorema cambia a seconda degli assiomi che vengono introdotti. In pratica e' diverso il concetto di verita': a ogni insieme di premesse viene associata una conclusione che viene assunta per vera in difetto di una dimostrazione della sua falsita'. Questo significa anche che un sistema di logica non-monotona puo' contenere delle contraddizioni, e pertanto deve essere dotato di meccanismi per "tutelare" la propria incoerenza: sotto quali condizioni e in che modo e' possibile compiere delle inferenze?
Il "buon senso" fa uso di un'infinita' di regole per stabilire cosa ha senso e cosa non ha senso fare in una certa situazione.
In tal modo il buon senso consente anche di decidere quali azioni compiere in tempi molto rapidi. Sarebbe difficile sopravvivere in un mondo cosi' complicato e dinamico come il nostro se di fronte ad ogni situazione la nostra mente dovesse rappresentare la situazione in termini formali e poi compiere inferenze logiche per decidere come dobbiamo comportarci. Nella stragrande maggioranza delle occasioni non abbiamo bisogno di fare nulla di tutto cio': e' "ovvio" quali siano le azioni possibili. Se piove, per esempio, possiamo aprire l'ombrello o ripararci sotto un porticato; ma un sistema inferenziale potrebbe impiegare tanto tempo a raggiungere questa conclusione da prendersi una polmonite. Sono relativamente poche, anzi, le occasioni in cui usiamo le nostre capacita' inferenziali: giusto i compiti di matematica, i giochi enigmistici, lo scopone scientifico, la dichiarazione delle tasse e poche altre cose.
Secondo Lenat le unita' di conoscenza del senso comune sarebbero unita' di "realta' per consenso", ovvero tutte quelle cose che tutti sappiamo e che diamo per scontato che tutti sanno. In altre parole: cio' che e' implicito negli atti di comunicazione fra umani. Cio' avrebbe origine da un principio di economia delle comunicazioni, ovvero dalla necessita' di minimizzare gli atti di comunicazione e massimizzare al tempo stesso l'informazione trasmessa.
Alla base di questa "conoscenza tacitamente accettata" ci sarebbero le regolarita' del mondo. In effetti nelle nostra vita quotidiana nulla desta tanto scalpore quanto l'imprevisto: non fanno notizia le diecimila persone che muoiono ogni anno sulle strade italiane, ne' le mille persone uccise dalla Mafia in Sicilia, ne' le decine di migliaia che periscono per colpa del fumo (fra cui molti innocenti che hanno avuto soltanto la sventura di frequentare ristoranti trasformati in camere a gas); ma un attentato terroristico che uccida una sola persona all'altro capo del mondo finisce immediatamente in prima pagina; conflitti razziali in Nigeria e Armenia destano molto meno scalpore di quelli di Los Angeles, benche' causino molti piu' morti. La morale riflette poi questo "senso' delle regolarita': nel Far West chi rubava un cavallo veniva impiccato, chi uccideva un nero no; in Italia il genitore che fuma davanti ai propri bambini non viene considerato irresponsabile, ma se lascia spalancata un'imposta che fa corrente si', benche' il danno arrecato alla salute della sua prole sia molto maggiore nel primo caso. Le regolarita' del mondo sono importanti anche per molti animali, che dimostrano piu' panico davanti a una situazione sconosciuta che non davanti a un pericoloso predatore. E' probabile che la regolarita' sia un'informazione molto utile per la sopravvivenza: un animale sa quali chance gli sono concesse dai pericoli che conosce, e, per quanto basse possano essere quelle chance, sa come comportarsi di conseguenza; ma, di fronte a un nuovo tipo di situazione, non sa valutare le chance e non sa quale sia il comportamento piu' opportuno.
Lenat sta costruendo un'enciclopedia del senso comune, l'esatto complementare di una comune enciclopedia: conterra' cioe' tutte le informazioni che non sono contenute in un'enciclopedia, le quali sono a loro volta proprio le informazioni che servono per poter capire le informazioni fornite da un'enciclopedia. Nessuno conosce tutte le informazioni contenute in un'enciclopedia, ma tutti condividiamo le informazioni che sono necessarie per consultare un'enciclopedia.
Lenat ha messo in pratica un'idea che risale almeno a Dewey, per il quale la conoscenza era gia' una rubrica di "tutto cio' che abbiamo imparato per sopravvivere", una rubrica il cui elemento piu' tipico, formato appunto attraverso l'esperienza, e' la "regola del buon senso".
Il sistema di Lenat ha conoscenza su cosa sono gli alberi e gli animali, su come un albero e un animale possono interagire, su come funziona il televisore e come funziona lo schiaccianoci, su cosa significa "fare la spesa" e cosa significa "lavare l'auto", sul fatto che i fiumi scorrono verso il mare e non verso le montagne e sul fatto che gli animali prima nascono e poi muoiono e non viceversa, che un quadro di Picasso non puo' essere stato dipinto prima della nascita di Picasso o dopo la morte di Picasso, che nessun bambino e' piu' vecchio dei suoi genitori, che per passare da una stanza all'altra non si buttano giu' le pareti ma si usano le porte, che il sei aprile non e' un giorno speciale, che l'hotel vende camere e il ristorante vende pasti; e cosi' via. Sono milioni (per l'esattezza la stima attuale di Lenat e' dieci milioni) le informazioni che sono necessarie per agire sensatamente nel nostro mondo. .sp 5
Bibliografia:
DeMey M. (1982): The cognitive paradigm (Univ of Chicago Press) McCarthy J. (1969): Some philosophical problems from the standpoint of Artificial Intelligence (Machine Intelligence n.4) Lenat D. (1990): Building large knowledge-based systems (Addison-Wesley)