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I
A BELISARIO VINTA IN FIRENZE
(Padova, 7 maggio 1610)
Ill.mo Sig.re et Padre Col.mo
Come per la mia passata accennai a V. S. Ill.ma, ho
fatte 3 lezioni publiche in materia de i 4 Pianeti
Medicei e delle altre mie osservazioni; e avendo auta
l'udienza di tutto lo Studio, ho fatto restare in modo
ciascheduno capace e satisfatto, che finalmente quei
primarii medesimi che erano stati acerbissimi impugnatori
e contrarii assertori alle cose da me scritte,
vedendosela finalmente disperata e persa a fatto,
costretti o da virtù o da necessità, hanno coram
populo detto, sé non solamente esser persuasi, ma
apparecchiati a difendere e sostener la mia dottrina
contro a qualunque filosofo che ardisse impugnarla: sì
che le scritture minacciate saranno assolutamente
svanite, come è svanito tutto il concetto che questi
tali avevano sin qui procurato di suscitarmi contro, con
speranza forse di esser per sostenerlo, credendo che io,
atterrito dalla loro autorità o sbigottito dal profluvio
de i lor creduli seguaci, fussi per ritirarmi in un
cantone e ammutirmi. Ma il negozio è passato tutto al
rovescio; e ben conveniva che la verità restasse di
sopra.
Saprà a presso V. S. Ill.ma, e per lei loro Ser.me Al.ze,
come dal Matematico dell'Imperatore ho ricevuta una
lettera, anzi un intero trattato di 8 fogli, scritto in
approbazione di tutte le particole contenute nel mio
libro, senza pur contradire o dubitare in una sola minima
cosa. E creda pur V. S. Ill.ma che l'istesso averiano
anco parimente detto da principio i literati d'Italia,
s'io fussi stato in Alemagna o più lontano; in quella
guisa a punto che possiamo credere, che gl'altri principi
circumvicini d'Italia con occhio un poco più torbido
rimirino la eminenza e potere del nostro Ser.mo Signore,
che gl'immensi tesori e forze del Mosco o del Chinese,
per tanto intervallo remoti. Ora il negozio è qua in
stato tale, che l'invidia ora mai non ha più attacco di
abbassarlo, col convincerlo di falsità, né pur anco col
metterlo in dubbio. Resta a noi, ma principalmente a i
nostri Ser.mi Padroni, di sostenerlo con reputazione e
grandezza, col mostrare di farne quella stima che a così
segnalata novità si conviene, essendo ella in effetto
stimata per tale da tutti quelli che ne parlano con
sincero animo.
L'Ill.mo S. Ambasciator Medici mi scrive di Praga, non
essere in quella Corte occhiali se non di assai mediocre
efficacia, e per ciò me ne domanda uno, accennandomi
essere desiderato anco da S. M.à; e mi scrive che io lo
deva far consegnare in Venezia al Secretario del S.
Residente, acciò lo mandi sicuro. Io però intendo che
detto Secretario non riceverà o manderà cosa alcuna
senza l'ordine di V. S. Ill.ma; però, contentandosi S.A.
che io ne mandi per tal via sarà V. S. Ill.ma servita di
dar ordine in Venezia che siano ricevuti e mandati.
Intanto, non me ne ritrovando di esquisiti, vedrò di
condurne a fine un paro o dui, se bene a me è
grandissima fatica, né io vorrei essere necessitato a
mostrare ad altri il modo vero del lavorargli, se non a
qualche servitore del G.D., come per altra gli ho scritto.
Però, e per altri rispetti ancora e principalissimamente
per quietarmi di animo, desidero grandemente la
resoluzione dell'altro negozio, statomi più volte
accennato, ma particolarmente da V. S. Ill.ma ultimamente
in Pisa: perché sono in tutti i modi resoluto, vedendo
che ogni giorno passa un giorno, di mettere il chiodo
allo stato futuro della vita che mi avanza, e attendere
con ogni mio potere a condurre a fine i frutti delle
fatiche di tutti i miei studii passati, da i quali posso
sperarne qualche gloria. E dovendo trapassare quelli anni
che mi restano o qui o in Firenze, secondo che piacerà
al nostro Ser.mo Signore, io dirò a V. S. Ill.ma quello
che ho qui, e quello che desidererei costà, rimettendomi
però sempre al comandamento di S.A.S.
Qui ho di stipendio fermo fiorini 1000 l'anno in vita
mia, e questi sicurissimi, venendomi da un principe
immortale e immutabile. Più di altrettanto posso
guadagnarmi da lezioni private, tuttavolta che io voglia
leggere a signori oltramontani; e quando io fussi
inclinato a gl'avanzi, tutto questo e più ancora potrei
mettere da canto ogn'anno col tenere gentil'uomini
scolari in casa, col soldo de i quali potrei largamente
mantenerla. In oltre, l'obligo mio non mi tien legato più
di 60 mez'ore dell'anno, e questo tempo non così
strettamente, che per qualunque mio impedimento io non
possa, senza alcun pregiudizio, interpor anco molti
giorni vacui: il resto del tempo sono liberissimo, e
assolutamente mei iuris. Ma perché e le lezioni
private e gli scolari domestici mi sariano d'impedimento
e ritardanza a i miei studi, voglio da questi totalmente,
e in gran parte da quelle, vivere esente; però, quando
io dovessi ripatriarmi, desidereri che la prima
intenzione di S.A.S. fusse di darmi ozio e comodità di
potere tirare a fine le mie opere, senza occuparmi in
leggere.
Né vorrei che per ciò credesse S.A. che le mie
fatiche fussero per esser men profittevoli agli studiosi
della professione, anzi assolutamente sariano più; perché
nelle publiche lezioni non si può leggere altro che i
primi elementi, per il che molti sono idonei; e tal
lettura è solo di impedimento e di niuno aiuto al
condurre a fine le opere mie, le quali tra le cose della
professione credo che non terranno l'ultimo luogo. Per
simile rispetto, sì come io reputerei sempre a mia somma
gloria il poter leggere a i Principi, così all'incontro
non vorrei aver necessità di leggere ad altri. E in
somma vorrei che i libri miei, indrizzati sempre al Ser.mo
nome del mio Signore, fussero quelli che guadagnassero il
pane; non restando intanto di conferire a S.A. tante e
tali invenzioni, che forse niun altro principe ne ha di
maggiori, delle quali io non solo ne ho molte in effetto,
ma posso assicurarmi di esser per trovarne molte ancora
alla giornata, secondo le occasioni che si presentassero:
oltre che di quelle invenzioni che dependono da la mia
professione, potria esser S.A. sicura di non esser per
impiegare in alcuna di esse i suoi danari inutilmente,
come per avventura altra volta è stato fatto e in
grossissime somme, né anco per lasciarsi uscir delle
mani qualunque trovato propostogli da altri, che
veramente fusse utile e bello.
Io de i secreti particolari, tanto di utile quanto di
curiosità e admirazione, ne ho tanta copia, che la sola
troppa abbondanza mi nuoce e mi ha sempre nociuto; perché
se io ne avessi auto un solo, l'averei stimato molto, e
con quello facendomi innanzi, potrei a presso qualche
principe grande avere incontrata quella ventura, che sin
ora non ho né incontrata né ricercata. «Magna longeque
admirabilia apud me habeo»: ma non possono servire, o,
per dir meglio, essere messe in opera, se non da
principi, perché loro fanno e sostengono guerre,
fabricano e difendono fortezze, e per loro regii diporti
fanno superbissime spese, e non io o gentil'uomini
privati. Le opere che ho da condurre a fine sono
principalmente 2 libri «De sistemate seu constitutione
universi», concetto immenso e pieno di Filosofia,
astronomia e geometria: tre libri «De motu locali»,
scienza interamente nuova, non avendo alcun altro, né
antico né moderno, scoperto alcuno de i moltissimi
sintomi ammirandi che io dimostro essere ne i movimenti
naturali e ne i violenti, onde io la posso
ragionevolissimamente chiamare scienza nuova e ritrovata
da me sin da i suoi primi principi: tre libri delle
mecaniche, due attenenti alle demostrazioni de i
principii e fondamenti, e uno de i problemi; e benché
altri abbino scritto questa medesima materia, tutta via
quello che ne è stato scritto sin qui, né in quantità
né in altro è il quarto di quello che ne scrivo io. Ho
anco diversi opuscoli di soggetti naturali, come «De
sono et voce, De visu et coloribus, De maris estu, De
compositione continui, De animalium motibus», e altri
ancora. Ho anco in pensiero di scrivere alcuni libri
attenenti al soldato, formandolo non solamente in idea,
ma insegnando con regole molto esquisite tutto quello che
si appartiene di sapere e che depende dalle matematiche,
come la cognizione delle castrametazioni, ordinanze,
fortificazioni, espugnazioni, levar piante, misurar con
la vista, cognizioni attenenti alle artiglierie, usi di
varii strumenti, etc. Mi abbisogna di più ristampare l'Uso
del mio Compasso Geometrico, dedicato a S. A., non se
ne trovando più copie; il quale strumento è stato
talmente abbracciato dal mondo, che veramente adesso non
si fanno altri strumenti di questo genere, e io so che
sin ora ne sono stati fabbricati alcune migliaia. Io non
dirò a V. S. Ill.ma quale occupazione mi sia per
apportare il seguir di osservare e investigare i periodi
esquisiti de i quattro nuovi pianeti; materia, quanto più
vi penso, tanto più laboriosa, per il si disseparar mai,
se non per brevi intervalli l'uno dall'altro, e per esser
loro e di colore e di grandezza molto simili.
Sì che, Ill.mo S., bisogna che i' pensi al
disoccuparmi da quelle occupazioni che possono ritardare
i miei studi, e massime da quelle che altri può fare in
cambio mio; però la prego a proporre a loro Alt.e, e a sé
medesima, queste considerazioni, e avvisarmi poi la loro
resoluzione.
Intanto non voglio restar di dirgli, come circa lo
stipendio mi contenterò di quello che lei mi accennò in
Pisa, essendo onorato per un servitore di tanto principe;
e sì come io non soggiungo niente sopra la quantità,
così son sicuro che, dovendo io levarmi di qua, la
benignità di S. A. non mi mancherebbe di alcuna di
quelle comodità che si sono usate con altri, bisognosi
anco meno di me, e però non ne parlo adesso. Finalmente,
quanto al titolo e pretesto del mio servizio, io
desidererei, oltre al nome di Matematico, che S. A. ci
aggiungesse quello di Filosofo, professando io di avere
studiato più anni in filosofia, che mesi in matematica
pura: nella quale qual profitto io abbia fatto, e se io
possa e deva meritar questo titolo potrò far vedere a
loro Alt.e, qual volta sia di loro piacimento il
concedermi campo di poterne trattare alla presenza loro
con i più stimati in tal facoltà.
Ho scritto lungamente per non aver più a ritornare
sopra tal materia con suo nuovo tedio: mi scusi V. S. Ill.ma,
perché, se bene questo a lei, che è consueta a
maneggiar negozii gravissimi parerà frivolissimo e
leggiero, a me però è egli il più grave che io possa
incontrare, concernendo o la mutazione o la confirmazion
di tutto lo stato e l'esser mio. Aspetterò sua risposta;
e in tanto supplicandola ad inchinarsi umilmente in mio
nome a loro Ser.e, bacio a V. S. Ill.ma con ogni
reverenza le mani, e dal Signore Dio gli prego somma
felicità
Di Pad.a, li 7 di maggio 1610.
Di V. S. Ill.rna Ser.re Oblig.mo
Galileo Galilei

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